L’Organo in Europa fra Barocco e Romanticismo
Vincenzo Di Ianni Intraprende lo studio del Pianoforte in giovane età, sotto la guida del Maestro Roberto Colella. Successivamente studia…
Orfeo Futuro
Carmela Osato, soprano
Antonia Salzano, contralto
Gioacchino De Padova, viola da gamba
Pierfrancesco Borrelli, organo e concertazione
BIGLIETTI DISPONIBILI IN PREVENDITA CLICCANDO QUI entro e non oltre le ore 12.00 di sabato 2 aprile 2022.
BIGLIETTI DISPONIBILI IN SEDE CON PRENOTAZIONE CONSIGLIATA, INVIANDO UNA MAIL A segreteria@turchini.it CON INDICAZIONE DI NOMINATIVO, RECAPITO TELEFONICO E MAIL entro e non oltre le ore 18.00 di venerdì 1 aprile 2022.
E’ obbligatorio il possesso del Green Pass Rafforzato e l’uso della mascherina FFP2.
Programma
Gaetano Veneziano (1665-1716)
Adjuva nos Deus per alto e b.c.
Antonio Nola (1642-1701?)
Cognoscam te domine, mottetto omni tempores per soprano, alto e b.c.
Alessandro Scarlatti (1660-1725)
Sonata I per cello (viola da gamba) e basso
(largo, allegro, largo, a tempo giusto)
Alessandro Scarlatti (1660-1725)
Caldo sangue, aria di Ismaele dall’Oratorio Il Sedecia, re di Gerusalemme
Nicola Fago (1677-1745)
Beatus Vir, Salmo 111 per soprano, alto e b.c.
Antonio Nola (1642-1701?)
Aspice cor meum, mottetto omni tempores per soprano e b.c.
Leonardo Leo (1694-1744)
Gratias agimus tibi, per contralto e organo
Domenico Scarlatti (1685-1757)
Salve Regina per soprano, alto e b.c.
(I. Salve regina; II. Ad te clamamus; III. Eja ergo; IV Et jesum; V. O clemens)
Le fonti della musica sacra napoletana del Settecento si trovano prevalentemente fuori Napoli. A partire dall’ultimo scorcio del XVIII secolo e soprattutto in tutto il XIX molti manoscritti appartenuti a chiese, conventi, congregazioni ed agli stessi Conservatori vennero, nella migliore delle ipotesi, copiati per essere portati altrove, e nei casi peggiori, trafugati. Tale circostanza, che rende assai ardua la conoscenza dettagliata di quel repertorio, è aggravata dalla cronica chiusura dell’importante biblioteca napoletana dei Girolamini.
Superato l’antico pregiudizio della subalternità della musica sacra rispetto a quella teatrale, la moderna musicologia ha affrontato in anni recenti degli studi monografici su alcuni autori napoletani del Settecento in merito alla loro produzione sacra: Jommelli, Fago e Leo. Anche gli studi in ambito veneziano hanno dato un importante contributo alla conoscenza della musica sacra del Settecento in un luogo, Venezia appunto, spesso a contatto stretto con i napoletani.
Lo spoglio delle fonti d’archivio sta dando un quadro sempre più preciso e dettagliato sulle realtà socio-economiche in cui si svolgevano le attività musicali e l’indagine sulle singole realtà che promuovevano la musica sacra a Napoli – congregazioni, chiese, monasteri, conservatori – arricchisce con nuovi dati il quadro finora conosciuto e in qualche caso corregge alcune ‘certezze’ acquisite e sedimentate.
Il programma dell’ensemble Orfeo Futuro offre al pubblico un ampio panorama di questo ricchissimo patrimonio musicale sacro a cavallo tra ‘600 e ‘700 ancora in parte da riscoprire e valorizzare, da Antonio Nola fino a Nicola Fago e Domenico Scarlatti. Antonio Nola in particolare, allievo di Giovanni Salvatore al Conservatorio della Pietà de’ Turchini e attivo nell’ultimo quarto del XVII secolo all’Oratorio dei Girolamini, rappresenta in maniera emblematica il compositore dedito quasi esclusivamente alla produzione sacra. La sua musica, ancora oggi di rarissimo ascolto, ben rappresenta il repertorio sacro praticato a Napoli sul finire del XVII secolo, modello e fonte d’ispirazione per i compositori della generazione successiva.
Marina Marino
Note di sala a cura di Paola De Simone
La molteplicità di chiese, monasteri, confraternite e congreghe, oratori, collegi e cappelle fra calate, vicoli e piazze nella Napoli barocca ha restituito e continua ulteriormente a svelare, grazie agli esiti di ricerca più recenti, una sorprendente mappa delle attività musicali di genere sacro, opulenta quanto diversificata e frastagliatissima per tecnica e stile, ben oltre le pur tanto rinomate opere acclamate sui palcoscenici teatrali. Un’offerta musicale che tocca in pari misura gli ambiti produttivo, di formazione e della fruizione pratica, foraggiati da blasonati mecenati unitamente ai proventi derivati dai vari arrendamenti dei beni di prima o secondaria necessità, come i generi alimentari o le sete di Calabria. Un circuito professionale e d’impiego vivacissimo, inoltre, gerarchicamente e sindacalmente organizzato (pensiamo alla Congrega dei musici di Santa Cecilia), guidato in ciascun luogo da un diverso maestro di cappella che al gruppo più o meno ampio di musici, tra voci acute evirate e gravi, qualche violino e strumenti per il basso continuo, distribuiva mensilmente le relative spettanze in ducati, tarì e grana.
Il quadro impressionante del fenomeno, ben riconoscibile in un’infinità di tracce documentali e di partiture composte per l’occasione e riprodotte a mano in gran copia, riguardano le occorrenze religiose in calendario del cerimoniale di corte e le messe quotidiane nei diversi angoli della città e della provincia. Nelle grandi come nelle piccole realtà. Vale a dire, la Real Cappella e la Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo, l’Oratorio dei Gerolamini, Santa Chiara, Santa Maria del Carmine Maggiore con il Cristo ligneo miracoloso, San Luigi di Palazzo, San Domenico Maggiore e, con pari ritmi e dignità, i piccoli gruppi di cantanti e strumentisti attivi ad esempio per il complesso francescano di Santa Maria la Nova, in Santa Maria della Anime del Purgatorio ad Arco, i maestri di musica alla guida delle attività corali delle monache nei diversi conventi o degli organici più ampi, chiamati a raccolta e a cadenza costante per le feste e paranze liturgiche, in luoghi interni ma spesso anche esterni, fissi o itineranti. Lorenzo Fago ad esempio, figlio del più celebre Nicola qui in ascolto e maestro di Cappella nel secondo Settecento assunto dalla Chiesa ed Ospedale di San Nicola al Molo, riceve 60 ducati – si cita da documento inedito rintracciato da chi scrive presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli – da distribuire “alli virtuosi di voce e di istrumenti per la musica fatta nella detta Chiesa nel giorno in cui venne la statua del Glorioso Santo per il primo e secondo Vespro e Messa cantata per la festa celebrata a’ 6 dicembre 1772”. In aggiunta, parimenti votati al sacro e in funzione centrale, c’erano gli indirizzi di studio e i servizi prestati letteralmente ovunque e con regolare retribuzione dai figlioli dei quattro Conservatori di Napoli, come attestano le notizie dai libri d’introito e d’esito che vedono ad esempio l’alunno Pergolesi, detto Iesi dal paese d’origine, pagato nel settembre 1729 dai governatori del Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo per essersi recato con il compagno Salino voce di basso “per la musica di Castellamare per terra con somari”, o degli angiolilli bardati con parrucche e abiti di raso chiaro o nero per cantare alle funzioni, liete o funebri secondo richiesta.
Ciò per dire che il repertorio musicale sacro di Scuola napoletana, ampiamente rintracciato e ricostruito su carta nelle attività teoriche, tecnico-stilistiche e pratiche, merita oggi uno spazio e un rilievo assoluto anche sul piano della promozione culturale ed esecutiva. Ossia, non inferiore a quella che fu la sua massima portata in termini di quantità e qualità fra il Sei e il Settecento, stando alla fama riconosciuta all’epoca ai suoi maestri e alla conseguente diaspora dei suoi manoscritti musicali nei fondi di buona parte del mondo. Le forme erano quelle di rito: messe, pastorali o per i morti, Te Deum, Miserere, inni, mottetti per feste religiose o per monacazioni, all’aperto o sui carri, oratori e dialoghi, drammi sacri e cantate, salmi, sequenze, antifone. I compositori, spesso in asse generazionale tra padri, figli e nipoti d’arte, presentano varia provenienza ed estrazione, spesso operisti, insegnanti o allievi, per lo più maestri di cappella, strumentisti e organisti in primis.
In tale prospettiva la scelta degli autori e dei brani proposti in programma traccia una sorta di sintesi parziale ma, senz’altro, ideale per seguire taluni tasselli di quello spaccato un tempo glorioso, non meno importante di quanto lasciato su tela dagli artisti dei dipinti sacri coevi, secondo un preciso filone di genere, con relativi organici e forme.
Il primo fra i nomi in rassegna è quello di Gaetano Veneziano, compositore e organista di origini pugliesi, allievo e a sua volta maestro al Conservatorio di Santa Maria di Loreto, dal 1679 organista e dal 1704 direttore della Real Cappella durante la temporanea assenza di Alessandro Scarlatti. Quindi, a seguire, maestro di cappella in diverse chiese della città, come il Carmine Maggiore, Santa Chiara, dello Spirito Santo. Dai circa ottanta suoi lavori lasciati nel genere sacro qui si eseguono il salmo Adjuva nos Deus per voce di contralto e basso continuo, pagina intensa e d’ampio respiro con lievi increspature puntate, in tempo di Adagio, e Aspice cor meum, mottetto omni tempores per soprano e continuo, maggiormente fiorito nella linea canora.
Il meno noto fra tutti, anche per la scarsità delle notizie biografiche, è senz’altro Antonio Nola, napoletano e a dieci anni entrato al Conservatorio della Pietà de’ Turchini, all’epoca diretto da Giovanni Salvatore, maestro insigne per abilità organistica paragonato al Frescobaldi. Concluso nel 1670 il percorso di formazione, risulta subito attivo in qualità di organista presso la Cattedrale della sua città e, in parallelo, presso il vicino Oratorio filippino dei Gerolamini che, a tutt’oggi, conserva tutte le sue musiche, circa 150 lavori compresi entro il range cronologico 1669-1713, termine quest’ultimo che lascerebbe ipotizzare il decesso intorno a quell’anno. Se ne ascolta il mottetto per omni tempores“Cognoscam te domine”, per soprano, alto e continuo, un esemplare che unisce all’alta scuola contrappuntistica frequenti vocalizzi di particolare ampiezza e impegno. Viceversa, il più noto anche per essere stato a lungo considerato il capostipite della cosiddetta Scuola musicale napoletana ponendo in ombra lo scettro spettante piuttosto a Francesco Durante, è il siciliano Alessandro Scarlatti, qui autore sia di un cammeo strumentale, la Sonata I per viola da gamba e basso, sia di un’aria tratta dall’Oratorio biblico Il Sedecia, re di Gerusalemme per soli, coro e orchestra, scritto su libretto di Filippo Ortensio Fabbri e probabilmente eseguito in anteprima a Roma nel contesto di committenza dell’Oratorio dei Filippini, quindi nel 1705 a Urbino. L’aria Caldo sangue, intonata nel cuore della seconda parte dal figlio del re, Ismaele (voce di soprano), è un saggio eloquente di una scrittura nata in simbiosi fra gli incarichi romani di ambito sacro e la maturazione di una vocalità di estrazione operistica maturata anche in epoca vicereale fra i palcoscenici teatrali napoletani di Corte e del San Bartolomeo.
Alla produzione di salmi con il Beatus Vir per soprano, alto e basso continuo riconduce un’altra figura di primissimo piano del Settecento napoletano: Nicola Fago, detto per le sue origini “il Tarantino”. Allievo presso la Pietà de’ Turchini del Provenzale e di Ursino, fu successore del Durante nel 1704 nel ruolo di maestro di cappella al Conservatorio di Sant’Onofrio, nel 1705 in quello de’ Turchini e, dal 1709 al 1731, del Tesoro di San Gennaro in Cattedrale, cedendo a seguire l’incarico al figlio per svolgere pari impegno, dal 1736, a San Giacomo degli Spagnoli. Dalla sua scuola uscì il fior fiore dei musicisti: Leonardo Leo, Francesco Feo, Nicolò Jommelli, Nicola Sala, Francesco De Majo e anche il meno celebre figlio Lorenzo.
Fra gli allievi di Fago di prima generazione svetta in particolare Leonardo Leo, compositore magnifico nato a San Vito degli Schiavi, oggi dei Normanni e dunque anch’egli pugliese, formatosi alla Pietà de’ Turchini fra il 1709 e il 1713 in clavicembalo, violoncello, contrappunto e canto. L’esordio avviene praticamente subito, nel 1712, con il dramma appunto di genere sacro L’infedeltà abbattuta, il cui successo lo porta ad assumere l’anno a seguire l’incarico di organista aggiunto della Real Cappella, divenendovi primo organista alla morte di Alessandro Scarlatti, nel 1725. Dal 1739 è primo maestro alla Pietà, raccogliendo il testimone dal suo insegnante Fago. Fu maestro di Jommelli e di Piccinni, morì “di colpo” per attacco cardiaco – pare – mentre stava componendo la commedia per musica La finta frascatana, rifacimento di Amor vuol sofferenze su libretto dell’alquanto gettonato Gennarantonio Federico. Dal suo immenso catalogo aperto veramente ad ogni genere, fra una molteplicità di titoli per il teatro serio e comico, Serenate, Oratori e drammi sacri, musica religiosa (compresa una Cantata per il miracolo di San Gennaro a 5 voci e orchestra purtroppo perduta) e brani strumentali fra cui i bellissimi 6 Concerti per violoncello e archi, più opere didattiche, si ascolta il Gloria Gratias agimus tibi, per contralto e organo.
Infine Domenico Scarlatti, sesto figlio di Alessandro, napoletano doc, precocemente (a soli 15 anni) nominato organista e compositore della Real Cappella guidata dal padre, quindi presto divenuto celebre anche per i lavori teatrali, nel repertorio strumentale (17 Sinfonie) e vocale con 35 cantate a una voce e continuo ma, in special modo, in vetta con le fondamentali e bellissime 550 Sonate da tasto. Nel capitolo non particolarmente ampio ma assai significativo dedicato alla musica sacra (si cita almeno lo Stabat Mater a 10 voci e continuo) si citano le sue due antifone Salve Regina di cui, la seconda, in la minore per soprano, contralto e basso continuo. È una composizione di semplice eppur toccante sostanza espressiva, non databile ma, presumibilmente, scritta nel periodo giovanile e dunque in un contesto partenopeo all’incrocio e incontro, di rara sintesi, fra gli antitetici mondi del sacro e del profano teatrale.
Pierfrancesco Borrelli
Ha compiuto la sua formazione musicale presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli diplomandosi col massimo dei voti in clavicembalo sotto la guida di Rosa Klarer dopo aver completato gli studi di pianoforte, direzione d’orchestra, didattica della musica. Ha studiato inoltre con Toni Florio per la musica da camera, conseguito il diploma superiore di direzione d’orchestra presso l’Accademia Statale di Burgas sotto la guida di Ivan Koujukarov e la Laurea in D.A.M.S. presso l’Università di Bologna con una tesi sul madrigale napoletano del XVI secolo. Ha approfondito lo studio della prassi esecutiva barocca per voci e strumenti e delle tastiere storiche dedicandosi in particolare al repertorio operistico di scuola napoletana tra XVII e XVIII secolo. Nel corso della sua carriera ha tenuto concerti sia da direttore d’orchestra che da pianista e clavicembalista in formazioni cameristiche presso prestigiose istituzioni concertistiche italiane e in Francia, Germania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovenia, Russia, Tunisia, Finlandia, Libia, Giappone collaborando tra gli altri con J. Schröder, C. Banchini, M. Marin, M. Larrieu, B. Kuijken, E. Caroli, J.C. Gerard, S. Mingardo, M.G. Schiavo, A. Pendatchanska, S. Prina, R. Alessandrini, A. De Marchi, etc…
Dal 2015 collabora con il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto in qualità di docente per i corsi di maestro sostituto e di avviamento al debutto per giovani cantanti lirici, e di direttore d’orchestra (Rosicca e Morano di F. Feo, regia G. Sangati – 70° Stagione Lirica 2016; L’Impresario delle Canarie di D. Sarri, regia G. Bongiovanni – 71° Stagione Lirica 2017; La Furba e lo Sciocco di D. Sarri, regia A. Stanisci – 72° Stagione Lirica 2018; Drosilla e Nesso di L. Leo, regia D. Gasparro – 73° Stagione Lirica 2019; Pericca e Varrone di A. Scarlatti e La Serva Padrona di G. B. Pergolesi – 74° Stagione Lirica 2020, regia A. Stanisci; L’Ammalato immaginario di L. Vinci – 75° Stagione Lirica 2021, regia A. Stanisci). Sempre dal 2015 collabora come continuista con il Teatro San Carlo di Napoli in numerose produzioni operistiche e concertistiche del massimo napoletano. Dal 2004 collabora in qualità di maestro al cembalo con il Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini di Napoli partecipando, nell’ambito delle molteplici attività dell’ente, a produzioni concertistiche, seminari, masterclass. Dal 2007 con Sara Mingardo partecipa al progetto “I cantieri della voce” promosso dal Centro di Musica Antica di Napoli e finalizzato al perfezionamento dei cantanti nel repertorio barocco e dall’ottobre 2021 con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma. E’ direttore dell’ensemble da camera Orfeo Futuro, fondatore dell’ensemble di strumenti storici La Burrasca e ha lavorato in qualità di direttore al cembalo e di continuista con gli ensemble MusiCÃntica, L’Amoroso Affetto, Madrigalisti della Pietrasanta, Solisti di Napoli, TemperaMenti, Il Labirinto, Musici dell’Aquarium, I Solisti della Pietà de’ Turchini, Orchestra da Camera Irpina. Dal 1995 al 2006 è stato direttore stabile dell’Orchestra della Basilica di Santa Chiara. In qualità sia di clavicembalista che di pianista ha inciso per Imprint Records, Inedita by SONY Dadc, MVcd e STRADIVARIUS. Ha registrato inoltre per RAI, Mediaset, ZDF e vinto nel 1999 l’International Prize of Music Composition for Video. E’ spesso invitato a tenere Seminari e Corsi di perfezionamento in Musica d’Insieme e da Camera (anche con strumenti storici) e a partecipare come commissario in Giurie di concorsi musicali in varie città italiane. Vincitore dei concorsi a cattedra per esami e titoli nei conservatori di musica è titolare della cattedra di Musica da Camera presso il Conservatorio di Musica “Domenico Cimarosa” di Avellino, coordinatore del Dipartimento di Musica Antica e docente per i trienni e bienni specialistici di Teoria e Prassi del Basso Continuo e Musica d’insieme per voci e strumenti antichi; dirige regolarmente dal 2014 l’Ensemble strumentale e vocale di Musica Antica del Conservatorio di Avellino in numerose produzioni inserite nell’ambito delle stagioni concertistiche dell’istituzione (Alcina di G.F. Handel; Concerti alla Napolitana; Vivaldi, Furor sacro e passion profana; Handel forever; Concerti Arie e Suite).
Orfeo Futuro
L’Ensemble riunisce musicisti provenienti da diverse esperienze internazionali nel campo delle prassi esecutive storiche. Lavora su progetti inediti e di largo respiro, in particolare incrociando repertori antichi e contemporanei. Dal 2010 ad oggi ha realizzato centinaia di concerti e numerosi CD anche in collaborazione con altri artisti e gruppi; nel 2019 ha realizzato De L’Infinito, con musiche di Claudio Monteverdi e del compositore Gianvincenzo Cresta (1968) in collaborazione con il prestigioso ensemble vocale Spirito di Lione, sotto la direzione di Nicole Corti, che ha debuttato alla Biennale Musica di Venezia e poi in tour in Italia e Francia. Sempre con l’ensemble Spirito di Lione nel 2021 ha registrato la Missa in Illo Tempore di Claudio Monteverdi in un CD per Digressione Music. La formazione da camera di Orfeo Futuro è diretta da Pierfrancesco Borrelli.
Reggio Emilia
Padova