Caricamento Eventi
  • Questo evento è passato.

Partenope Eterna

Chiesa di Santa Caterina da Siena, Napoli
20.30 - 21.30
  • Biglietto intero: € 10 €
  • Biglietto ridotto (Over 65, studenti fino a 25 anni, Wunderkammer carta, CartaEffe, Artecard, abbonati Teatro Stabile di Napoli, soci Fai): € 7 €


Naomi Rivieccio soprano

Talenti Vulcanici 
Marcello Scandelli violoncello
Rafael Arjona liuto e chitarra barocca
Federico Bagnasco contrabbasso

Stefano Demicheli clavicembalo e direzione

Consulenza musicologica Paologiovanni Maione

Main Sponsor
Intesa Sanpaolo


BIGLIETTI DISPONIBILI IN SEDE E IN PREVENDITA

È possibile acquistare i biglietti in prevendita:
– online sul sito TicketOnLine – Azzurro Service entro e non oltre le ore 12.00 del giorno del concerto;
– presso i punti vendita Azzurro Service indicati;
– presso il punto vendita Concerteria (via Michelangelo Schipa 15) o telefonicamente al numero +39 0817611221

BIGLIETTO RIDOTTO
Il biglietto ridotto (€ 7) potrà essere acquistato esclusivamente al botteghino presso la Chiesa di Santa Caterina da Siena prima dell’inizio del concerto, o nel punto vendita certificato: Concerteria, via Schipa


Maggiori informazioni
segreteria@turchini.it

Programma

Francesco Mancini (1672 –  1737)
Là dove il bel Sebeto
Cantata a voce sola e basso continuo

Francesco Paolo Supriani (1678 – 1753)
Toccata decima in re minore per violoncello solo

Alessandro Scarlatti (1660 – 1725)
Là nel bel sen della regal Sirena
Cantata a voce sola e basso continuo

Domenico Scarlatti (1685 – 1757)
Sonata K 208 in la maggiore per clavicembalo, Adagio e cantabile

Sonata K 209 in la maggiore, Allegro

Alessandro Scarlatti (1660 – 1725)
Là dove a Mergellina
Cantata a voce sola e basso continuo

Fabio Vacchi (1949)
Partenope eterna per soprano e clavicembalo

Brano composto su commissione della Fondazione Pietà de’ Turchini di Napoli su testo di Giuseppe Montesano


Partenope Eterna

Note di sala
Tra Sei e Settecento il repertorio cantatistico assume un ruolo preminente in un circuito privato, affollato di dilettanti virtuosi e artisti mercenari chiamati ad allietare conversazioni e trattenimenti, assai esigente. Non c’è catalogo musicale che non annoveri un cospicuo numero di cantate destinate ad allietare riunioni feriali e festive nonché dedicate a protettori munifici e potenti.

Il divertimento reservato metteva a dura prova gli artigiani chiamati a ottemperare alle richieste del mercato per cui emerge, a un primo approccio al genere, una fattura seriale del prodotto. Se le istanze formali istruiscono su una disciplinata successione di recitativi (R) e arie (A), organizzati in standardizzati organigrammi facenti capo a RARA e ARA, è pur vero che molti artefici di queste pagine intervengono scompaginando i “palinsesti” operando autonomamente scelte strutturali assai ardite.

Il tema “napoletano” adottato da Alessandro Scarlatti non è insolito nella letteratura delle cantate che si affidano a filoni narrativi ben circoscritti. Le immagini di pastori e sirene che affollano le acque marine e fluviali della città “musicale” si rincorrono in un alto numero di pagine in cui c’è un abuso di immagini e occorrenze poetiche retoriche. Il magistero dei musicisti sta proprio nel declinare, con virtuosismo musicale, questo “baule” di figure topiche ravvivandole di volta in volta ricreando percorsi sonori di grande fascino.

Il compositore palermitano, disciplinatamente, si affida nelle cantate Or che su legno aurato e Là dove a Mergellina, alla formula consolidata, sia nel suo assetto archetipico (RARA) che florido (RARARA). Nella condotta vocale riesce a lumeggiare, da suo pari, le belle atmosfere marine evocate dal testo che con grande perizia fa sfumare in “affettivi” stati d’animo. Le pulsioni umane sono disegnate tra retorici moduli e inediti gesti sonori confezionati per scuotere le menti degli ascoltatori in un sofisticato gioco di “sorprese” accolte in uno “scenario” solo apparentemente “prevedibile”. Le belle arie tripartite lasciavano poi l’agio all’esecutore di declinare e accentuare, con quell’arte “improvvisativa” disciplinatissima e regolatissima, le intenzioni espressive con ardimentosi passaggi melismatici se non, addirittura, ri-formulando l’architettura prestabilita abbandonandosi, in tal modo, a ri-scrivere, senza tradimento alcuno, le idee dell’autore.

Vere e proprie microdrammaturgie sono allestite con finalità cinetiche e prossemiche affinché i dilettanti e i professionisti possano ammaliare, attraverso la loro sapienza attoriale – elemento imprescindibile per la scena musicale a quest’altezza cronologica –, gli spettatori, vulnerabili alle sollecitazioni “affettive” e attenti a cogliere le mille finezze. Francesco Mancini distilla con acume trovate “drammatiche” di grande maestria, attraverso un processo di sottrazione evoca, all’interno dei recitativi della cantata Là dove il bel Sebeto, un’aura che conduce a un “recitar cantando” vetusto e pur rinnovato negli intenti. Questa memoria si manifesta in alcuni artifizi, emblematico è il moto ascendente per sottolineare il «pianeta maggior», che recuperano l’uso di efficaci “madrigalismi” descrittivi. In questo caso il narratore della storia riporta le parole dell’innamorato pastore Tirsi per la bella Irene aggrappandosi a un canto “antico” e moderno all’istesso tempo.

Sempre alla pratica “domestica” ordinaria appartengono le pagine strumentali che cadenzano i momenti vocali, l’aristocrazia coltivava con sollecitudine la propria formazione musicale e si dilettava nel toccare i più svariati strumenti in occasione di conversazioni o accademie. Le sonate di Domenico Scarlatti destinate allo “svago” di Maria Barbara di Braganza sono un bell’esempio di questo esercizio “ozioso” consumato tra le pareti dei propri appartamenti privati e l’arte della trascrizione, in quest’occasione firmata dal liutista Francione, riconduce a quella tecnica di apprendimento ampiamente diffusa in età moderna per acquisire dimestichezza con certe strutture compositive altamente richieste dal mercato oppure di fruire di un certo repertorio adattandolo al proprio strumento.

Francesco Paolo Supriani formatosi presso il Conservatorio di Santa Maria della Pietà de’ Turchini è stato tra i maggiori violoncellisti del primo Settecento attivo, tra l’altro, nelle cappelle reali di Napoli e Barcellona. È autore del trattato Principij da imparare a suonare il violoncello e con 12 toccate a solo, il cui manoscritto è custodito presso la Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, che si rivolge, senz’ombra di dubbio, a quel milieu di nobili dediti allo studio dello strumento, tra i quali si ricordano Marzio Carafa duca di Maddaloni e il marchese Ottavio de Simone.

Napoli ancora una volta riesce a salire in scena in una visione che la rende fascinosa e ne consolida, nell’immaginario settecentesco, il rango di città musicalissima: «cours, vol à Naples écouter les chefs-d’œuvre de Leo, de Durante, de Jommelli, de Pergolèse! Si tes yeux s’emplissent de larmes, si tu sens ton cœur palpiter, si des tressaillemens t’agitent, si l’oppression te suffoque dans tes transports, prend le Métastase & travaille» (J.-J. Rousseau).

Paologiovanni Maione


Parthenope non ha tomba, Parthenope non è morta.
Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni.
Ella corre ancora sui poggi, ella erra sulla spiaggia,
ella si affaccia al vulcano, ella si smarrisce nelle vallate.
(Matilde Serao)

Metà donne e metà uccelli – o, in seguito, pesci – le Sirene abitano su un’isola al largo di Sorrento. Attratti dal loro ammaliante canto, i marinai virano le navi verso la costa rocciosa, dove si schiantano. Avvertito dalla maga Circe, Ulisse scampa a questa sorte facendosi legare all’albero maestro. Vince dunque con l’astuzia, perché la volontà nulla può contro il potere primigenio di questa voce femminile. Secondo una delle tante leggende, la sconfitta subita da Odisseo umilia e uccide una delle Sirene, Partenope, spingendo il suo cadavere dove sorgerà Napoli.

Ho sempre pensato al canto delle Sirene come al richiamo della natura, di cui sono figli tutti gli abitanti della terra. Chiamata arcana, irreprimibile e irresistibile. Partecipi del mondo animale e umano, le Sirene appartengono a quella dimensione in cui la superbia del maschio cacciatore non ha ancora sancito lo spietato assoggettamento di mammiferi, volatili, pesci: tra cui gettare, di lì a poco e ormai iniziati alla violenza, anche le femmine, i deboli, i diversi, i perdenti, gli stranieri. Perciò le Sirene sono state screditate e accusate di essere menzognere.

Ma sono veramente spietate assassine che conquistano per uccidere, alla stregua delle Arpie? Sono davvero le false voci che incarnano l’inganno della seduzione, cui resistono solo gli eroi scaltri come Ulisse? Sono proprio artiste bugiarde, ingannatrici, fittizie, dotate di un’esistenza così puerile che la furbizia di Ulisse basta a sgominarle?

Non credo a questa interpretazione, frutto degli incubi e dei fantasmi maschili scatenati dalla sapienza delle Sirene. Penso, piuttosto, che la virilità apparente ed esibita resti spiazzata dal fascino ancestrale, musicale ed erotico, di questi esseri viventi sospesi oltre le specie. Il loro è canto dell’abisso che apre un baratro invitando con forza a entrarvi, per ritrovarsi. Abbandonarsi a quell’incanto umano, fatto di mente e di corpo, di sogni e di miserie, di spiritualità e carnalità, porta al piacere dell’amore, che è sovrumano perché ferma, oltrepassa, vince il tempo. Come lo vince la Napoli cui Partenope dà voce.

Giuseppe Montesano ha letto con i suoi versi nel mio pensiero musicale, a lui ben noto da Eternapoli, l’opera nata con lui e grazie a Toni Servillo, rappresentata al San Carlo nel 2018. Già la prima strofa, Tu sei terra e tu sei corpo, tu sei bocca che mi morde per guarire questa mente che si è rotta in tanti pezzi, racchiude il mio mondo etico ed estetico. Ho così cercato di far scorrere terra e corpo in una tensione lirica lenta, generata da percezioni struggenti che avvincono, sfiniscono e rigenerano. Ogni altra strofa è una variante che aggiunge abbellimenti alla voce, al femminile che insegna, guida, dischiude. Solo la terza strofa è un ritornello veloce, allegro, una tarantella che sa di piacere e di sole, di mare e di empatia, di baci e confessioni, nel susseguirsi di giorni e incontri. La sua ripetizione, dopo la quinta strofa, è letterale – come nel testo poetico – perché è il cuore di un inno alla vita, e alla musica. Che non smette di chiamare, e che noi oggi, nella post-modernità, non possiamo più zittire. É anacronistico legarci come Ulisse ai paletti di un’esistenza artificiosa se vogliamo sconfiggere la paura di ciò che siamo, se vogliamo seguire l’esortazione delle Sirene a calarci in noi stessi e nella realtà che ci circonda.

La voce astrale di Naomi Rivieccio, il virtuosismo barocco volto al futuro dei Talenti Vulcanici e del loro straordinario direttore Demicheli, l’antica cultura napoletana conservata e rivitalizzata dalla Pietà de’ Turchini mi hanno guidato durante la composizione, proprio come il canto di Partenope.

Ed è a Patrizia Meroni, a una Sirena dell’oggi – un medico in trincea per difendere con competenza ed empatia la sanità dei e per i malati – che dedico, dopo Eternapoli, anche Partenope eterna. Perché è una donna lombarda che rappresenta l’italianità e l’europeità più alta e completa, in cui scorre sotterranea, come un filone aureo, la raffinata e prorompente tradizione napoletana.

 Fabio Vacchi


Naomi Rivieccio
Naomi Rivieccio, classe 1992, nasce e cresce a Napoli. Inizia lo studio del canto in giovane età, e afferma il suo talento debuttando presso il Teatro San Carlo di Napoli a soli 11 anni. Studia canto lirico laureandosi e specializzandosi col massimo dei voti e ben presto stringe collaborazioni con numerose fondazioni liriche ed orchestre (Nuova Orchestra Scarlatti, Pietà dei Turchini, Teatro Verdi) esibendosi come Soprano solista in Italia e all’estero (Cappella Palatina Piazza del Plebiscito, Palazzo Montecitorio Camera dei deputati, fino in Bulgaria, Copenhagen e Stoccolma). Artista poliedrica, dopo essersi affermata nella musica classica, sente l’esigenza di esprimersi attraverso generi differenti e così nel 2018 partecipa ai Casting per il Talent X-Factor 12 superando tutte le selezioni ed entrando a far parte della Categoria Over capitanata dal rapper Fedez. Arriva in finale presso il Mediolanum Forum di Assago (MI) aggiudicandosi il 2° Posto .
Durante il percorso ad X-Factor viene prodotto il suo primo singolo “Like the rain (unpredictable)” di Fortunato Zampaglione, Shrida Solanski, Silvia Cesana, produzione di Fausto Cogliati, e conosce e duetta con artisti di grande spessore come Giorgia, gli Hooverphonic, Salmo, I Maneskin, Enrico Nigiotti , duettando con Sting, Lorenzo Licitra, I Subsonica, Marco Mengoni. Nel 22 Maggio 2019 debutta nel doppiaggio canoro dando la voce a Jasmine nel Live action Disney “Alladin” con Will Smith, Naomi Scott e Mena Massoud. Riscuote molto successo il brano inedito inserito nel Film “La mia voce” scritto dal compositore Alan Menken 8 volte premio Oscar per le migliori canzoni e colonne sonore Disney. Il 9 Maggio 2019 è ospite all’anteprima londinese insieme a tutto il Cast del Film e il 16 Maggio si esibisce Live per l’anteprima italiana del Film. In quegli stessi giorni conosce e canta con Alan Menken e registra la nota canzone del Film Aladdin “A whole new world” insieme a tutte le Jasmine di ogni paese presso i famosi “Metropolis Studios” of London. E’ menzionata in diversi quotidiani tra cui Il Mattino , Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Corriere del Mezzogiorno ed in diverse riviste Io Donna , The Blonde salad, Grazia, Tvsorrisi, Vanity fair, Cosmopolitan, Billboard. E’ ospite in molte Radio tra cui Radio Montecarlo, Radio Italia, Radio number one, Rai Radio2, Radio 24, Radio Capital, Radio 105, Young Radio e nel programma televisivo condotto da Caterina Balivo “Vieni da me”. Dal 2018 collabora assiduamente con la scuola di canto e doppiaggio delle Disney come doppiatrice e docente. Nel 2020 e nel 2021 riveste il ruolo di Vocalist nel programma televisivo condotto da Milly Carlucci “Ballando con le stelle”, punto di partenza per numerose collaborazioni come corista presso la Rai. Nel 2022 prende parte alla settantaduesima edizione del Festival di Sanremo in qualità di corista.


Talenti Vulcanici
L’ensemble Talenti Vulcanici nasce nel 2011 dalla spinta e dall’esperienza maturata nel precedente ventennio dalla Fondazione Pietà de’ Turchini, pioniera nell’aver introdotto al pubblico napoletano repertori musicali per lo più ignoti o dimenticati, eseguiti da artisti di chiara fama provenienti da tutta Europa. La volontà di indirizzare le proprie energie migliori verso la realizzazione di un progetto volto a formare e promuovere talenti musicali di più giovane generazione, si è affiancata alle tante masterclass vocali e strumentali e al concorso internazionale di canto barocco “Francesco Provenzale” che in 13 edizioni ha incoronato giovani cantanti oggi protagonisti di primo piano del repertorio vocale barocco in tutta Europa. Oltre all’entusiasmo di mettere a disposizione di giovani eccellenze l’esperienza e i contatti per dare forma alle loro aspirazioni, questo progetto ha offerto a chi vi ha preso parte l’opportunità di scoprire l’universo culturale di Napoli, di cercarne le armonie e le incredibili suggestioni tra le pieghe delle sue enormi contraddizioni, di appropriarsi, divenendo ambasciatori, della sua gloriosa e inesauribile storia musicale.
Regolarmente coinvolto a Napoli in occasione delle produzioni della Fondazione Pietà de’ Turchini, esplora nuovi percorsi musicali rileggendo con una tensione contemporanea l’eredità di grandi maestri del passato e riportando alla luce pagine musicali inspiegabilmente dimenticate, abbracciando repertori di Scuola musicale napoletana vocale e strumentale, sacri e profani, dialogando con il teatro e la drammaturgia.
Il compositore Fabio Vacchi, che ha scritto per Talenti Vulcanici un brano inedito dal titolo Partenope l’Eterna, oggetto di una prossima uscita discografica, così ne descrive l’anima e l’operato: ”L’aspetto più straordinario è forse la compresenza di rigore e fantasia, di approfondimento e capacità di comunicare emozioni. Il che li rende pregevoli non solo nel barocco, ma anche nel classico, nel moderno, e nel postmoderno”.
L’ensemble ha richiamato l’interesse di molti festival e istituzioni nazionali e internazionali, ed ha avuto direttore ospite Christophe Rousset. Ha preso parte a numerose rassegne e festival tra  cui Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Concerti del Quirinale, l’Accademia Musica Antica Milano, Muse Salentine, Oude Muziek Utrecht, il Festival Barocco Alessandro Stradella, Stockholm Early Music Festival, Napoli Teatro Festival, Ravello Festival, Festival Wunderkammer – il museo delle meraviglie del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, Festival Entroterre e Jeansmusic Festival di Matthieu Mantanus. Talenti Vulcanici registra per la prestigiosa etichetta Arcana del gruppo Outhere, in una collana editoriale dedicata a Napoli e al suo patrimonio musicale, impreziosita dalle opere di Mimmo Jodice, considerato uno dei più celebri maestri della fotografia mondiale, e dal 2022 per l’etichetta Turchini Records.
Nel 2019 la giuria della XXXIX edizione del Premio Franco Abbiati ha assegnato al progetto Talenti Vulcanici il premio come “Miglior iniziativa musicale” per “la pionieristica iniziativa ideata da Federica Castaldo con la consulenza musicologica di Paologiovanni Maione e il management di Marco Rossi, a favore della promozione di giovani talenti musicali coinvolti in un percorso in residenza formativa e professionale, con la guida musicale di Stefano Demicheli, la supervisione di tutors specializzati nella prassi esecutiva filologicamente informata”. Dal 2021 le sue produzioni audiovisive trovano diffusione su piattaforme digitali nazionali e internazionali (RaiPlay, Stingray Classica, TotalBaroque), canali TV (Rai 5, Sky Classica HD) e radio (Rai Radio 3).


Stefano Demicheli
Nato a Torino nel 1975 è diplomato in organo e composizione organistica e in clavicembalo. Ha iniziato a studiare clavicembalo all’età di tredici anni sotto la guida di Ottavio Dantone, proseguendo poi presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano dove ha conseguito il diploma dì perfezionamento. Oltre a Ottavio Dantone l’incontro prima con Lars-Ulrik Mortensen e poi con Emilia Fadini è stato decisivo per la sua formazione. Ha collaborato come solista e continuista con numerosi ensemble con strumenti originali fra i quali Accademia Bizantina di Ravenna (Ottavio Dantone), Il Giardino Armonico di Milano (Giovanni Antonini), Freiburger Barockorchester, Concerto Köln, ensemble I Barocchisti di Lugano (Diego Fasolis), ensemble Zefiro di Mantova (Alfredo Bernardini) e tiene regolarmente recital come partener di strumentisti e cantanti. La sua attività concertistica lo porta a esibirsi regolarmente nelle sale da concerto e nei teatri più importanti di tutta Europa all’interno di festival prestigiosi (fra cui Teatro La Scala di Milano, Festival van Vlaanderen di Brugge, Fundacio La Caixa di Barcelona, Auditorio National di Madrid, Oude Muziek di Utrecht, Rheingau Musik Festival, lnternationale Musikfestwochen di Luzern, Musica e Poesia in San Maurizio di Milano, London Festival of Baroque Music). Nell’anno 2000 è stato solista presso il Teatro La Scala di Milano. Ha lavorato al fianco di rinomati solisti per concerti e opere e collaborato al fianco di importanti direttori (Riccardo Chailly, Claudio Abbado, Corrado Rovaris, Ottavio Dantone, Gottfried van der Goltz, Ivor Bolton, Giovanni Antonini, Paul Goodwin, Renè Jacobs) e molte orchestre. Ha registrato per molte case discografiche e per le principali emittenti radiofoniche e televisive europee. Dal luglio 2000 è fra i docenti del Corso Internazionale di Musica Antica di Urbino (clavicembalo, basso continuo e musica da camera). Per diversi anni è stato l’assistente al cembalo di René Jacobs in molte produzioni operistiche nei teatri più importanti d’Europa (fra cui Deutsche Staatsoper Unter den Linden a Berlino, Thèatre des Champs-Elysèes a Parigi, Thèatre Royal de La Monnaie a Bruxelles). Nel 2005 instaura un’intensa collaborazione personale per un progetto di commistione fra musica ed arte con Philippe Daverio, riscuotendo ovunque clamorosi successi di pubblico e comparendo per la televisione italiana più volte nel corso della trasmissione Passpartout (Rai Tre). È fondatore e direttore di Dolce & Tempesta, ensemble che riunisce alcuni fra i più esperti musicisti italiani specializzati nell’esecuzione della musica antica con strumenti originali. Con Dolce & Tempesta si esibisce in veste di direttore in tutta Europa e registra in esclusiva per l’etichetta belga Fuga Libera, riscuotendo sempre un grande successo di pubblico e critica. Dal 2010 è direttore stabile dell’orchestra barocca Academia 1750 di Barcelona (Spagna), in residenza presso il Festival de Músiques de Torroella de Montgrí.


Fabio Vacchi
Nato a Bologna, Fabio Vacchi si diploma in composizione con Giacomo Manzoni e in direzione di coro con Tito Gotti. Si trasferisce a Venezia nel 1974. Lì frequenta Michelangelo Antonioni, che lo metterà in contatto con Tonino Guerra, suo primo librettista, e Luigi Nono, che lo sostiene e lo incoraggia. Nello stesso anno conosce a Napoli Hans Werner Henze, che gli offre il suo appoggio. Questi due padri spirituali tanto diversi lasceranno una traccia nel suo stile, volto a una sintesi tra ricerca e innovazione da un lato, tradizione ed espressività dall’altro. Lo spostamento a Milano, nel 1993, segna una svolta che corrisponde all’inizio del successo internazionale e all’amicizia sia con Luciano Berio, nella cui libertà umana e stilistica si identifica sia con Claudio Abbado, con cui condivide pensieri musicali, progetti, idee.

Iscriviti alla Newsletter