HILDE

Un progetto di Julia Krahn in collaborazione con Musicaetcetera gUG – Themenagentur

Julia Krahn, voce
 Ester De Stefano, pianoforte

Edoardo Toffoletto, proposta musicale

Ludwing Hüsch, testi originali (1937-1949)
Julia Krahn e Micaela Mancini, traduzioni


Mio nonno Ludwig é stato per molti anni in un Lager siberiano.
Il suo unico modo di comunicare con la sua amata moglie Hilde sono le cartoline, che io ho ritrovato poco tempo fa nella sofftta della casa di famiglia ad Aquisgrana. Questo scambio di posta si estende per lunghi anni, iniziando nel 1937 e proseguendo fino alla fine della sua prigionia nel dicembre 1949. La corrispondenza con la sua Hilde diventa per lui il pezzo di legno nel mare aperto, l’unica cosa a cui aggrapparsi.
Lo spazio per scrivere era limitato, le parole contate, ma le sue parole non conoscono confni.
Ci raccontano attraverso uno stato d’animo vivo, quanto l’amore serva alla sopravvivenza e ci insegnano che la speranza é la chiave nei momenti più diffcili della vita.
Il mio nonno Ludwig vince la paura, l’isolamento e la distanza, il freddo e la fame grazie allo sguardo del cuore, grazie alla poesia. Poesia che esprimeva anche grazie alla musica che lo ha sempre accompagnato. Suonava il piano e il flauto traverso quando poteva e se lo immaginava quando serviva.

Ho respirato a lungo le tue parole
poi ti ho trovato
saziato sul seno della Madre Lupa
a fianco la Musica, tua sorella.

In questa quarantena-quaresima vivo con lui nella sua stanza e lui sta qui con me, vivo grazie alla sua bellezza d’animo che mi insegna come affrontare le mie paure e quanto essere grata per l’amore che provo, per chi amo e per la vita stessa. Ad oggi ho trascritto un centinaio di lettere, una ventina sono state tradotte e si trasformano ora attraverso argilla, fotografia, video e performance, in un nostro racconto, mio e di mio nonno, nel nome dell’amore, nome che per lui suonava cosi: HILDE.

Julia Krahn, Marzo 2020


PRIMA LA MUSICA O PRIMA LE PAROLE – L’immaginario sonoro dell’eterno ritorno del desiderio

Con una tale interrogazione forse si riassume l’intima interrelazione tra parole e musica che attraversa l’arco della storia della musica occidentale. Qui vengono inequivocabilmente prima le parole di Ludwig Hüsch, nonno di JK, separato per anni dalle fredde tundre siberiane dalla sua amata Hilde. Eppure sono parole intrinsecamente musicali, oltre a rinviare esplicitamente alla musica come luogo immaginario d’incontro fra le loro solitudini. Nella cartolina 89 del 30 agosto 1949, che apre questo ciclo, si ha così l’esplicito riferimento al primo verso del Lied beethoveniano Ich liebe dich (io ti amo), che Ludwig immagina di cantare a Hilde quella stessa sera (singe ich dir heute Abend), e che sicuramente, come si suole fare in ogni focolare domestico della Bildungsbürgertum tedesca tra XIX e XX secolo, avrà già suonato in casa con sua moglie. Da qui nasce l’idea di questo ciclo di melodrammi nel senso tedesco del termine Melodram, cioè di voce declamata con accompagnamento musicale. Se la posizione del Lied “è inaudita, giacché si ritrova tra la romanza che non è più, e il teatro che non è ancora”, come scriveva l’insigne musicologo francese Marcel Beaufls, il melodramma si trova in una posizione ancora più proibitiva: un non-luogo – per defnizione utopico – in cui la musicalità intrinseca alla parola piena, non snaturata o sforzata dal canto, s’intreccia al puro suono della musica strumentale, in questo caso, del pianoforte.
Per questo l’esigenza musicale della declamazione nella lingua originale delle lettere di Ludwig: il tedesco. Ascolteremmo mai le opere di Wagner in italiano? O ancora i vari cicli di Lieder di Schubert o Schumann in una lingua che non sia il tedesco? L’esperienza vuole essere qui anzitutto musicale, per carpire l’immaginario sonoro dell’eterno ritorno del desiderio o, teologicamente parlando, della speranza del ritorno testimoniato da Ludwig, le cui lettere col passare degli anni diventano sempre più cariche di condensazioni poetiche. Ed è dalle lettere di questa soglia di fervore poetico che è tratto il materiale letterario del ciclo, da cui traspare, pur nel deserto del reale siberiano ed ancora ignaro della possibilità del ritorno, il fuoco fatuo della speranza. Così il ciclo si struttura a partire dal Lied di Beethoven Ich liebe dich che accompagna la cartolina 89, attraverso un repertorio essenzialmente ottocentesco da Schubert a Schumann e Mendelssohn fno a Mahler – gli imprescindibili paladini del romanticismo musicale tedesco – includendo però anche una composizione di Friedrich Nietzsche, che diventa l’architrave del viaggio sonoro dell’immaginario, nonché infltrazioni spagnole del Novecento con il primo numero (Angelico) del primo quaderno della Musica callada di Federico Mompou (1951), per concludere all’ottavo numero del ciclo con un ritorno musicale sullo stesso Lied beethoveniano, quale l’ottava appunto di una scala musicale su cui però si libra il testo della cartolina 92.
L’immaginario sonoro del desiderio è qui attraversato dall’eterno ritorno, che al di là delle speculazioni accademiche, esprime ante litteram il problema della coazione a ripetere e della ripetizione, quale isolata da Sigmund Freud nella clinica della nevrosi e dell’isteria. Il luogo classico della prima formulazione nietzscheana dell’intuizione dell’eterno ritorno si trova nell’aforisma 341 (Il peso più grande) della Gaia Scienza, in cui propone al lettore di immaginare qualora una notte “un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: ‘Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!’ ”. Certo, si scorge già il delirio immancabilmente malinconico, ma infne si apre l’orizzonte di un possibile squarcio di azzurro “quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun’altra cosa che quest’ultima eterna sanzione, questo suggello”? [Friedrich Nietzsche, Opere di Friedrich Nietzsche, a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari (Milano: Adelphi, 1965), Vol. V, tomo II, La gaia scienza, Libro IV, § 341. Il peso più grande, 201-202.]
È la speranza sorretta dal desiderio stesso che permette di vivere la ripetizione come differenza, e la musica ne è esempio preclaro. Le lettere di Ludwig respirano a tratti di questa lucidità sovraumana: nonostante la distanza e l’isolamento, il pensiero è infatti sempre per i cari in terra tedesca. Come dalla prima cartolina delciclo, lui nutre anzi il suo immaginario e desiderio con le lettere della moglie e con la curiosità (neugierig) di ricevere sempre nuove notizie: se nel canto sembra vigere l’indicativo presente permesso dal loro ascolto interiore, il bacio all’amata per il suo onomastico è delegato al fglio Klaus, e i pensieri della moglie sono certo cari, ma inesorabilmente carichi di struggimento (lieben und sehnenden Gedanken).

Edoardo Toffoletto, Agosto 2021


JULIA KRAHN

Julia Krahn nasce nel 1978 a Jülich e cresce ad Aquisgrana in Germania.
La sua ricerca interroga la permeabilità dello sguardo tra identità dell’artista e dello spettatore. Ridefnisce gli oggetti quotidiani e i simboli del passato con opere che presentano una fuidità ambigua: più che raccontare lo scorrere del tempo o costruire una storia cristallizzano, trasformano da stato liquido a solido, i frammenti di una realtà privata e segreta. Il suo lavoro rifette sui valori perduti o sbilanciati della società, della famiglia e della religione.
Tra le mostre personali e partecipazioni ad esposizioni presso istituzioni si segnalano:
2021 BLOCKS, Albergo delle Povere – Museo Riso, Palermo | Paradise Lost, DG Kunstraum, München |2019 DoUtDo, Parco Archeologico degli Scavi di Pompei, Pompei | Vulgata, Dom- und Diözesanmuseum Mainz (D) | 2018 ICEA – Soundlines of Contemporary Art, Yerevan, Armenia | Watch Your Bubble! Kustve-rein Tiergarten Berlin (D) | 2017 Oblio, Palazzo delle Esposizioni, Roma | Song Song Stills, Antonella Cattani Bolzano | Figura, Stiftung St.Matthäus Berlin, Bad Wilsnack, Berlin (D) | 2016 NEEDS, Akademie Graz, Graz Museum, Graz, (A) I Observation without an observer, National Gallery, Skopje, Repubblica di Macedonia | 2015 Rabenmütter, Lentos Kunstmuseum, Linz, (A) | Last Supper, Fondazione Stelline, Milano| It might have been a pigeon, Museo Diocesano, Milano | Woman, Mother, Idol, Landesmuseum Hanno-ver, Hannover (D) | Sirens – Improvisation und Video, Sophienkirche, Berlin (D) | 2014 Trust Me, HdKK, Stuttgart (D) | 2013 Leidenschaften, Stiftung St.Matthäus, Berlin (D) | Beyond Belief, Musei civici Imola| 2012 Lilies and Linen, Antonella Cattani contemporary art, Bolzano | Mother Loves You, Voice Gallery, Marrakech | 2011 Angelus Militans – Nunc Instantis, Carlotta Testori Studio, Milan | 2010 Ja, Ich Will! Zirkumfex, Berlin (D) | 2007 The Creation of Memory, Galleria Magrorocca, Milan | 2003 Von Gänsen und Elefanten, Tufanostudio25Milan.


ESTER DE STEFANO
Ester de Stefano (Milano, 1995) è una pianista italiana, diplomata col massimo dei voti al Conservatorio G. Verdi di Milano (2019). Dopo aver sostenuto la Laurea Magistrale in Lettere Classiche (Università degli Studi di Milano, 2021) si è trasferita a Parigi per proseguire i suoi studi musicali all’École Normale Cortot sotto la guida del pianista Henri Barda. Il suo legame con il mondo tedesco si è manifestato sin da giovanissima, con la partecipazione a numerose edizioni del concorso “Jugend Musiziert”, oltre che attraverso un anno di studio alla Philipps-Universität di Marburgo e alla Freie Universität di Berlino. Ha tenuto concerti in importanti istituzioni, tra cui Sala Verdi, il Teatro Dal Verme e il Museo del Novecento di Milano (2018), e ottenuto numerosi premi, come il primo il premio “Anna Maria Pennella” per la migliore esecuzione di un brano romantico all’interno del Concorso Internazionale Napolinova (2019). Inoltre, dal 2020 scrive e collabora con la rivista di divulgazione musicale “Quinte Parallele”.

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