-
Chiesa di Santa Caterina da Siena

La Cetra di Sette Corde

Madrigali e vaghezze di Francesco Rasi (1574-1621)

Riccardo Pisani, tenore

ENSEMBLE ARTE MUSICA
Chiara Granata, arpa
Silvia De Maria, viola da gamba e lirone
Giovanni Bellini, tiorba e chitarra barocca
Francesco Cera, clavicembalo e direzione


La Cetra di Sette Corde

Alla musica di Francesco Rasi, poliedrica figura di cantante, poeta, compositore e strumentista, non è stato ancora riservato il posto di rilievo che merita nel repertorio vocele italiano del primo seicento. Autentico protagonista della nascita dell’opera e del canto solistico, Francesco Rasi incontrò e lavorò con musicisti del calibro di Giulio Caccini, Carlo Gesualdo da Venosa, Claudio Monteverdi, Girolamo Frescobaldi, Luca Marenzio, Emilio de’ Cavalieri, Marco da Gagliano. Come cantante tenore fu interprete principale delle prime opere della storia della musica, rappresentate nei primi anni del seicento, quali l’Euridice di Peri, La Dafne di Gagliano, l’Orfeo e l’Arianna di Monteverdi. Musicisti e scrittori dell’epoca si espressero con entusiasmo riguardo all’armonia “dell’aurea voce” (Gabriello Chiabrera) e al suo canto leggiadro, “singularissimo” (Marco da Gagliano) e di “grandissimo affetto e spirito” (Severo Bonini). La sua mirabile interpretazione dell’Orfeo di Monteverdi è riportata dallo storico Eugenio Cagnani: “in quella [l’Orfeo] cantando Francesco Rasio, per eccellenza in tal professione così fanno che ogn’un tiene poter essere al mondo pochi altri che avanzar lo possano.”

Nel canto, come nelle sue composizioni, il Rasi incarna in maniera superba la comunione tra parola e musica tipica del “recitar cantando”. I madrigali e le arie su testi di Petrarca, Guarini, Chiabrera e in molti casi di Rasi stesso sono raccolti nelle due principali opere: le Vaghezze di Musica e i Madrigali, apparse rispettivamente nel 1608 e 1610. ll programma di questo concerto è ordinato secondo le “sette corde” di cui è composta la “Cetra di sette corde”, opera letteraria dello stesso Rasi. Sulla base del noto filone poetico del petrarchismo, si è pensato di riunire gli effetti della forza prorompente dell’eros raccontando una storia, una storia d’amore. I canzonieri barocchi però, a differenza di quelli trecenteschi, sono organizzati secondo una serie di esperienze frammentarie che seguono il filone della meraviglia e del turbine emotivo.

Una storia fatta di corde dell’animo umano: l’esempio forse più toccante è proprio il mito di Orfeo. Da lì prende vita il nostro viaggio immaginario nella relazione amorosa (Indarno Febo). A partire dall’innamoramento e dalla lode alla donna amata (Filli mia), dagli sguardi amorosi (Un guardo), degli effetti benefici dell’amore (Cor mio, mentre vi miro), passando per la rottura improvvisa ed il tradimento (Deh, come in un momento) e infine il ricordo (Sento l’antica fiamma).

Culmine della narrazione è l’ampio madrigale “Ferma Tersilla mia”, unico momento in cui uno sguardo esterno osserva una precisa actio teatrale, e ci svela un finale amaro. Una sorta di componimento “in stile rappresentativo”, un dramma poetico in cui tempo e spazio sono precisi e fermi. Un dramma che ci riporta anche alla vita avventurosa e per nulla tranquilla del Cavalier Francesco Rasi. Segue un altro, il Madrigale spirituale “O pura, o chiara stella” che trasforma l’eros in agapé: una nuova forza spirituale trascina il poeta-cantore dall’ humane miserieverso un epilogo felice.

Le diverse “corde” sono introdotte da brani strumentali dei maggiori compositori-strumentisti del primo seicento italiano, che in modo similare mirano al coinvolgimento dell’ascoltatore mediante un intenso discorso musicale. Le città che resero celebre Rasi (Firenze, Mantova, Roma) sono rappresentate da balli e arie ad esse legate.

Due perle monteverdiane, “Et è pur dunque vero” e la canzonetta “Eri già tutta mia” completano il programma, a ricordare la stretta collaborazione che intercorse tra il grande compositore Monteverdi e il Rasi presso la corte dei Gonzaga a Mantova.

Francesco Cera e Riccardo Pisani


Note di sala a cura di Paola De Simone

“Bramosa Cetra mia di lauri, e palme / Dolce risuona homai sù l’auree corde / D’Eroe cortese i vanti / E con alta armonia teco s’accorde / Rimbombo de’ miei canti, / Di che già del gran Febo alto valore / Dolce lusinga e tutto infiamma il core”. È appunto dal cuore degli endecasillabi e settenari piani dedicati nella prima delle sette corde della sua Cetra poetica dal Cavalier Rasi al valoroso Vincenzo Gonzaga duca di Mantova (Venezia, Ciotti, 1619), che vibra l’immenso mondo poetico e musicale di una delle più alte ed eclettiche personalità artistiche del primo Seicento operistico italiano. Un vero e proprio fenomeno creativo e di relazioni elettive che ancora oggi, come ben illustra e insegna con studiata architettura l’illuminante progetto in ascolto, resta in gran parte da scoprire.

Ossia, il nobile aretino Francesco Rasi (o anche Raso, Rasio, Rassi, Rasius), discendente da una blasonata famiglia che, dopo aver studiato legge a Pisa, preferisce e sceglie le lettere e la musica (più idonee, dice, a formare un gentiluomo), presto divenendo poeta eccelso, tenore virtuoso “di bello aspetto, gioviale, di voce granitica e suave” stando a quanto attesta il trattatista coevo Severo Bonini accanto al celebre Gabriello Chiabrera (che ne loda “l’aurea voce”) e a Marco da Gagliano (che ne sottolinea il canto leggiadro e “singularissimo”). Inoltre, musicista egli stesso, abile nel suonare il chitarrone (nel 1598, si accompagna a Mantova in un Intermedio del Pastor fido del Guarini) e l’arpa doppia che, con ogni probabilità, avrà impugnato nell’Orfeo monteverdiano (Bianconi ha inoltre ipotizzato che la duplice versione fiorita e sillabica, dell’aria virtuosa “Possente spirto e formidabil nume” nella partitura veneziana a stampa esemplifichi i “passaggi” effettivamente realizzati in origine dal Rasi e lo scheletro su cui improvvisare), quindi strumento che certamente suonò nel 1608 interpretando Arione nel balletto Tributi delle acque, sia accompagnandosi nel madrigale “Serenissimi Numi” a Mantova e a Torino per le nozze di Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia. Ma, anche, nel 1611 a Casale Monferrato interpretando Nettuno nel balletto finale della Favola di Psiche.

Rivela quindi un talento di grande sentimento e di rara forza espressiva, al punto da esser conteso – nell’arco di una vita dalle avventurose peripezie sia in terra natìa che all’estero – fra i più potenti mecenati (Medici, Gonzaga, Savoia, Gesualdo da Venosa) e fra le principali corti dell’Italia barocca, primo interprete dei maggiori ruoli al nascere dell’opera (è Aminta nell’Euridice di Peri e Caccini, Orfeo e, nell’Arianna Apollo, per Monteverdi) entro una carta culturale opulenta, policentrica e magnifica.

Vissuto fra il 1574 e il 1621, il Rasi letteralmente svetta fra le pieghe della nostra storia artistica al salto di secolo. Nell’anno 1588 è al servizio della corte medìcea, fra il 1593 e il 1594 si fa apprezzare come virtuoso a Roma dal mitico Emilio de’ Cavalieri, probabilmente è al fianco del principe Gesualdo da Venosa nel viaggio da Roma a Napoli, nel novembre 1595 inizia a lavorare a Mantova presso la corte dei Gonzaga. E a seguire: prende lezioni di canto da Giulio Caccini a Firenze, si sposta a Ferrara dove incontra Gesualdo e il Frescobaldi, nel 1601 accompagna il vescovo di Caserta alla corte del re di Polonia. Passando per Vienna si rompe pure una gamba, balzando eroicamente fuori dalla carrozza che stava uscendo fuori strada. Poi, risulta ospite a Venezia del doge Pietro Priuli (che pure ritroviamo con gli altri potenti fra i dedicatari dei versi della sua Cetra). Segue inoltre con il Monteverdi il viaggio d’Oltralpe del duca di Mantova toccando Innsbruck, Basilea, Bruxelles, Anversa e quant’altro fino ai Paesi Bassi, nonché trovando anche il tempo per scrivere a un altro celebre membro della Camerata fiorentina, Jacopo Corsi.

Nell’emblematico 1600 è quindi reclutato per cantare nei festeggiamenti per le nozze a Firenze di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia. È infatti il pastore Aminta nella celeberrima Euridice di Rinuccini, Peri e Caccini (prima opera in musica completa della nostra Storia) ma canta, anche, come Febo nel Rapimento di Cefalo firmato dal tandem Chiabrera-Caccini. Torna a Mantova dove dà forma e voce all’Orfeo monteverdiano e, prima di interpretare Apollo nella Dafne di Marco da Gagliano, Bacco poi Apollo nella perduta (tranne il Lamento) Arianna del Monteverdi, soggiorna nella genovese Villa Grimaldi dove incontra il pittore Rubens. Torna nei Paesi Bassi con ulteriore, ampio giro di luoghi, vede pubblicare a Venezia le sue Vaghezze, raccolta di rime per musica sue e di altri grandi (Petrarca, Chiabrera, Bernardo Tasso, Guarini) nella quale confluiscono anche alcuni componimenti giovanili. Si reca a Torino, accompagna la matrigna ad Arezzo e nell’occasione, invischiato in una tresca amorosa con la moglie di un fattore della donna, uccide entrambi gli antagonisti, finendo condannato e bandito dal Gran Ducato di Toscana. È infine accademico “forestiero” del cenacolo filarmonico di Verona, si esibisce alla corte di Praga, a Salisburgo e a Innsbruck, scrive versi per favole da “recitarsi cantando”, ma spesso annullate, compone monodie su versi propri. A Roma esegue il Lamento di Andromeda di Marliani e chiude la sua vivace esistenza rientrando a Mantova, dove si spegne il 30 novembre 1621, nella contrada del Grifone.

Esaltandone dunque l’estro entro un vissuto artistico particolarissimo e la riconosciuta abilità d’interazione fra la parola poetica e l’intonazione musicale maturata a partire dal rodaggio fra il recitar cantando fiorentino e il parlar cantandomonteverdiano, l’arte di Francesco Rasi è qui narrata e restituita attingendo dalle sue due principali raccolte per il pentagramma (le Vaghezze di musica, edite nel 1608 a Venezia da Gardano, e i Madrigali pubblicati due anni dopo a Firenze dal Marescotti). Degna di nota è inoltre la formula, atta a ricostruirne l’itinerario seguendo, in una sorta di plastica drammaturgia interna, lo schema emotivo e formale del suo stesso Canzoniere barocco, la Cetra di Sette Corde.

A tal merito gli interpreti e autori del programma, Francesco Cera al clavicembalo e concertazione unitamente al tenore Riccardo Pisani, nelle note al progetto dichiarano in omaggio e in aggancio alla Cetra che il percorso è «una storia fatta di corde dell’animo umano», il cui punto più vivo coincide con il mito di Orfeo. «Da lì – spiegano – prende vita il nostro viaggio immaginario nella relazione amorosa (Indarno Febo). A partire dall’innamoramento e dalla lode alla donna amata (Filli mia), dagli sguardi amorosi (Un guardo), degli effetti benefici dell’amore (Cor mio, mentre vi miro), passando per la rottura improvvisa ed il tradimento (Deh, come in un momento) e infine il ricordo (Sento l’antica fiamma). Culmine della narrazione è l’ampio madrigale “Ferma Tersilla mia”, unico momento in cui uno sguardo esterno osserva una precisa actio teatrale, e ci svela un finale amaro. Una sorta di componimento “in stile rappresentativo”, un dramma poetico in cui tempo e spazio sono precisi e fermi. Un dramma che ci riporta anche alla vita avventurosa e per nulla tranquilla del Cavalier Francesco Rasi. Segue un altro, il Madrigale spirituale “O pura, o chiara stella” che trasforma l’eros in agapé: una nuova forza spirituale trascina il poeta-cantore dall’ humane miserie verso un epilogo felice». A mo’ di prologo, le diverse “corde” sono precedute da brani strumentali dei maggiori compositori-strumentisti del primo Seicento italiano e, con esso, fra balli e arie le principali città di quella mappa policentrica (restando fuori giusto Venezia e Napoli) che resero celebre il Rasi, dunque Firenze, Mantova, Roma. A complemento, due estratti monteverdiani, “Et è pur dunque vero” e la canzonetta “Eri già tutta mia”, a sigillo di quella serrata intesa che legò l’autore dell’Orfeo e l’interprete Rasi, ala corte dei Gonzaga.


RICCARDO PISANI

Nato a Roma, è stato puer cantor presso la Cappella Musicale Pontificia Sistina dal 2000 al 2003. Ha iniziato gli studi vocali con Claudia Biadi Nizza e si è laureato a pieni voti in Canto Rinascimentale e Barocco con il contralto Sara Mingardo presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, e si perfeziona sotto la guida di Gabriele Lombardi. Nel 2012 Ha vinto il Premio speciale al Concorso Internazionale di Musica Sacra, e nel 2013 ha preso parte all’Académie Baroque Européenne di Ambronay diretta da Leonardo García Alarcón, cantando il ruolo di Apollo nell’Orfeo di Monteverdi. Nel 2014 è stato invece selezionato da René Jacobs nel ruolo di Orfeo alla Fondazione Royaumont.  Ha intrapreso una intensa attività concertistica, distinguendosi a livello internazionale in vari ruoli titolo monteverdiani (Orfeo e Ritorno di Ulisse in Patria diretti da Claudio Cavina, Combattimento di Tancredi e Clorinda diretto da Francesco Cera e Rinaldo Alessandrini). Nel repertorio barocco operistico e cameristico italiano ha collaborato con La Venexiana, Cappella Mediterranea, Concerto Romano, Concerto Italiano, Cantar Lontano, Mala Punica, Arte Musica, Tasto Solo, Concerto Scirocco, De Labyrintho, Accademia d’Arcadia, Il Canto di Orfeo, e con i direttori Jonathan Webb, Federico Maria Sardelli, Leonardo García Alarcón, Alessandro Quarta, Rinaldo Alessandrini, Diego Fasolis, Francesco Cera, Claudio Cavina, Marco Mencoboni, Carlo Ipata.  Ha inciso per Ambronay Éditions, Glossa, Arcana, Ricercar, Brilliant Classics, Bottega Discantica, Elucevanlestelle Records, Dynamic e per emittenti radiofoniche e televisive.  Si è esibito come solista in prestigiosi festival internazionali, tra cui l’Utrecht Early Music Festival, Rheingau Musik Festival, Festival dei Due Mondi di Spoleto, Resonanzen at Wiener Konzerthaus, Romaeuropa Festival, DeSingel ad Anversa, Festival d’Ambronay, Sagra Musicale Umbra, Misteria Paschalia, Schwetzinger Festspiele, Urbino Musica Antica, Sagra Musicale Malatestiana, Festival Van Vlandeeren, Festival Monteverdi Vivaldi, Rheinvokal, MA Festival Bruges, Thüringer Bachwochen, nonché in prestigiosi teatri e sale da concerto, come il Teatro dell’Opera di Roma, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Opéra de Reims, Bozar di Bruxelles, Opéra di Vichy, Teatro Verdi di Pisa, Philharmonie di Kiev, San Pietroburgo e Colonia, Concertgebouw di Amsterdam, Grande Auditorio del Centro Cultural de Belém, Chapelle Royale de Versailles. Nel 2018 è uscita per Brilliant Classics la sua registrazione solistica delle Nuove Musiche di Giulio Caccini, con l’Ensemble Ricercare Antico. Nel 2021 è stato pubblicato da Arcana un CD solistico, dove insieme a Francesco Cera e all’Ensemble Arte Musica riscopre le composizioni del grande tenore del primo seicento Francesco Rasi. 


FRANCESCO CERA

Bolognese, dopo gli studi di organo e di clavicembalo conclusi sotto la guida di Luigi Ferdinando Tagliavini e di Gustav Leonhardt, è affermato tra i migliori interpreti italiani della musica antica, facendosi apprezzare per una consapevolezza stilistica che abbraccia diverse espressioni musicali. Oltre agli strumenti storici a tastiera, Francesco Cera estende il suo interesse alla musica vocale e strumentale del periodo barocco.  Dal 1991 al 1994 ha fatto parte dell’ensemble Giardino Armonico e dal 1997 dirige l’Ensemble Arte Musica, col quale esegue repertorio vocale italiano dai madrigali di Gesualdo alle cantate del settecento. Particolarmente apprezzato nel repertorio cembalo-organistico del barocco italiano, ha inciso le opere complete di Michelangelo Rossi, Tarquinio Merula, Bernardo Storace, Antonio Valente, e Sonate di Domenico Scarlatti per la Tactus.  Tra le sue incisioni per Brilliant Classics, l’integrale per clavicembalo di Jean-Henri D’Anglebert, opere di Giovanni Maria Trabaci e di Francisco Correa de Arauxo, l’Orgelbüchlein di Bach, le Sinfonie per strumenti ad arco e continuo di Stradella. Di recente uscita per l’etichetta Arcana-Outhere un cofanetto di sette CD interamente dedicato a opere per clavicembalo e organo di Girolamo Frescobaldi, registrate su nove preziosi strumenti. Tiene concerti come solista al clavicembalo e all’organo partecipando a rassegne internazionali: Musica e poesia a San Maurizio a Milano, Villa Medici a Roma, Bologna Festival, Festival delle Fiandre a Bruges e a Gand, Fundación Juan March a Madrid, rassegne di musica antica ad Amsterdam, Amburgo, Bruxelles, Linz, Londra, Parigi, Ginevra, Losanna, Utrecht e su organi storici in vari paesi d’Europa. Suoi concerti sono stati registrati da Radio 3 Belgio, dalla ORF Austriaca e dalla Radio Svizzera. Dal 1995 collabora alle produzioni di musica barocca della RSI, insieme a Diego Fasolis e I Barocchisti, con i quali ha registrato concerti per clavicembalo di Bach (Arts). Inoltre ha tenuto corsi e seminari presso varie istituzioni tra cui la Royal Academy of Music di Londra, l’Acadèmie d’orgue de Fribourg e in diverse Università degli Stati Uniti. È titolare della Cattedra di clavicembalo al Conservatorio di Matera e insegna attualmente al Conservatorio di Vicenza. 


ENSEMBLE ARTE MUSICA

Fondato e diretto da Francesco Cera, esegue il vasto repertorio vocale italiano del periodo barocco, dal madrigale alla cantata e alla musica sacra. Le loro interpretazioni coinvolgono pubblico e critica per l’intensità d’espressione e la bellezza delle voci. L’Ensemble Arte Musica ha esordito nel 1997 al Festival delle Fiandre a Bruges e l’etichetta Tactus ha pubblicato una loro incisione di musiche sacre inedite del compositore seicentesco Giovanni Paolo Colonna. Ha fatto seguito un’intensa attività di concerti e incisioni (per Tactus, Brilliant Classics, Amadeus) con il Quarto libro di Madrigali di Carlo Gesualdo, il Lamento di Arianna e gli Scherzi Musicali di Claudio Monteverdi, cantate inedite di Domenico Scarlatti, mottetti a voce sola tratti dalla raccolta veneziana Ghirlanda Sacra, i madrigali composti per il Concerto delle Dame di Ferrara e prime esecuzioni di musiche inedite di Giacomo Carissimi, Leonardo Leo e Giovanni Battista Martini. Nel 2010 e nel 2011 l’ensemble è stato invitato dal Festival Baroktage di Melk ad interpretare il Vespro della Beata Vergine e i Madrigali guerrieri e amorosi di Claudio Monteverdi.  Ha presentato l’esecuzione dei Responsori di Carlo Gesualdo inseriti in un Passio monodico del cinquecento, inciso per Brilliant Classics,  e del Quinto libro di Madrigali di Gesualdo in una versione con voci e strumenti. Su commissione della Sagra Musicale Malatestiana di Rimini ha eseguito il Sesto libro di Madrigali di Monteverdi, gli intermedi dell’Orfeo dolente composti nel 1616 dal fiorentino Domenico Belli in alternanza all’Aminta di Torquato Tasso, e l’integrale dei Madrigali Guerrieri di Claudio Monteverdi, replicati al Roma Europa Festival.  Arte Musica si è esibito presso importanti rassegne internazionali tra cui Resonanzen al Konzerthaus di Vienna, Philarmonie di Colonia, il Tage Alter Musik di Herne, Abendmusiken a Innsbruck, il Festival delle Fiandre a Bruges, il Festival Monteverdi di Cremona, l’Accademia Filarmonica e l’Istituzione Universitaria dei Concerti a Roma, il Bologna Festival, Les Gouts Reunis di Losanna, Tage für Alte Musik a Brandeburgo, Festival di Augsburg, Le Feste di Apollo a Parma, Milano Arte Musica, Festival Cantar Lontano, Festival Galuppi di Venezia, effettuando registrazioni per RAI Radio tre, ORF austriaca, Radio Belgio ed Euro Radio.

Hai bisogno di informazioni?

Contattaci

Reggio Emilia

Padova

Iscriviti alla Newsletter