“MAESTRI FORASTIERI A NAPOLI NELLA SECONDA META’ DEL ‘700 ”

Dal 13 al 15 ottobre una prima assoluta e un convegno internazionale per celebrare i 25 anni di attività della Fondazione Pietà de’ Turchini alla Reggia di Caserta

La Reggia di Caserta accoglie il progetto “Maestri forastieri a Napoli nella seconda metà del ‘700” con cui la Fondazione Pietà de’ Turchini inaugura la programmazione 2022/23 intitolata “Note d’Argento” per celebrare i suoi primi 25 anni di attività. Tre giorni di incontri e di spettacolo, da giovedì 13 ottobre (inizio alle ore 17) fino a sabato 15 negli spazi della magnifica residenza reale, patrimonio UNESCO, dedicati ai “Maestri forastieri a Napoli nella seconda metà del Settecento”.

L’iniziativa rientra nell’ambito del bando di valorizzazione partecipata della Reggia di Caserta, inaugurato lo scorso anno con lo scopo di affermare il ruolo del Museo di officina culturale e creativa, luogo di costruzione culturale sulla base di progettualità condivise. Un percorso partecipato di valorizzazione attraverso le diverse espressioni artistiche e creative, in armonia con la mission del Complesso vanvitelliano e con la sua identità.

Si comincia giovedì 13, alle 17, con un convegno internazionale sul tema curato dal comitato scientifico composto da Federica Castaldo, Paologiovanni Maione, Angela Romagnoli, Lucio Tufano e realizzato in collaborazione con le Università degli Studi di Palermo e Pavia e con il patrocinio della Società Italiana di Studi sul secolo XVIII  – e si conclude sabato 15, alle ore 17, con la prima esecuzione assoluta dello spettacolo in musica intitolato “Leggi Napoli, suona Mondo”, che verrà allestito nel vestibolo superiore, con  una drammaturgia originale di Antonio Piccolo, che firma anche la regia dell’allestimento, con un cast che accoglie il soprano Marie Lys (al debutto sulla scena campana) e i Talenti Vulcanici diretti da Stefano Demicheli. In apertura del convegno è programmata la proiezione di “Confessions d’un disparu”, film documentario di Petr Václav (prodotto da Mimesis Film) sulla vita del compositore italo-ceco Josef Myslivecek .

“Abbiamo sottoposto al bando di valorizzazione partecipata, promosso dalla direzione della Reggia di Caserta, il nostro progetto convinti che fosse luogo ideale per darvi il giusto respiro, aggiungendo bellezza alla qualità dei contenuti. Il venticinquennale è un tempo che merita la sua solennità celebrativa e la Reggia di Caserta è un luogo unico ed esprime al meglio il fasto e la raffinatezza di quel momento storico” – sottolinea Federica Castaldo presidente della Fondazione Pietà de’ Turchini. “Nel corso del Settecento  la capitale del meridione d’Italia accoglie un gran numero di compositori “forestieri” – continua Paologiovanni Maione che ha curato il progetto su basi scientifiche –  “costoro vi giungono per perfezionare il proprio “mestiere” ma soprattutto per conoscere i “segreti” di un’arte sopraffina che aveva asservito l’Europa intera”. 

Artisti, come Johann Adolf Hasse, Christoph Willibald Gluck, Johann Christian Bach, Josef Mysliveček, Joseph Schuster, Vicente Martín y Soler tra i tanti, approdano nella capitale alla ricerca di un’identità “napoletana” capace di garantire l’accesso ai grandi centri musicali internazionali. A loro e alle loro opere sono dedicate queste giornate alla Reggia di Caserta. 

Saranno infatti proprio le pagine di questi autori a comporre il programma dello spettacolo in musica di Antonio Piccolo, destinato a mostrare le “molte” voci di cui si alimentava ai tempi la scena culturale e musicale cittadina. 

Il pubblico potrà accedere, fino ad esaurimento posti, con il biglietto di ingresso della Reggia di Caserta. Per partecipare al convegno, che sarà comunque trasmesso in streaming sul sito www.turchini.it/live, ci si potrà accreditare via mail all’indirizzo segreteria@turchini.it (entro le ore 12.00 del 12 ottobre).  Info: www.turchini.it tel.081402395. 

Note dell’autore e regista

Quando la Fondazione Pietà dei Turchini mi ha sollecitato a scrivere qualcosa sul Settecento Napoletano, ho ripassato vicende che già sapevo; approfondito eventi che conoscevo solo in superficie; ma soprattutto imparato tanto di nuovo e di sorprendente. Mi sono imbattuto in personaggi di statura e di spessore notevoli, non solo storicamente, ma anche teatralmente: dal Principe di Sansevero, che vedevo come uno scienziato geniale e un po’ pazzo, a Charles Burney, primo grande storico della musica, che immaginavo come un elegantone spiritoso che si scambiava battute con i posteggiatori dei vicoli di Napoli. E poi Maria Carolina, Lady Hamilton, tutti i compositori italiani e forestieri di passaggio al Teatro dei Fiorentini e al San Carlo. Di figura in figura, è stato spontaneo ricalcare – come un nano sulle spalle di giganti – le orme già solcate da quei grandi artisti in quella splendida trasmissione radiofonica di cui sopra. Nella mia testa, incontravo ognuno di questi tipi e chiacchieravo con loro, stupiti ma non troppo di aver di fronte un uomo con l’onniscienza e lo spirito del XXI secolo.  Un po’ ispirandomi al programma che nel 1974 Radio Rai lanciò con grande successo: “Le interviste impossibili”.

Ebbene, per l’affondo finale ho iniziato a pensare ad Eleonora Pimentel Fonseca. Un’antica passione liceale. Una donna d’avanguardia in una città d’avanguardia, come dimostrano le conquiste di quegli anni in ogni campo. Unica donna – ascoltata e rispettata – in un contesto in cui, come d’abitudine, la facevano da padrone gli uomini. La scintilla decisiva l’ho avuta quando ho trovato notizia della Cantata per Caterina II di Russia, da lei composta nel 1781, forse eseguita al San Carlo e forse musicata da Paisiello (dico “forse” perché non tutto ci è rimasto dei repubblicani napoletani, a causa della successiva damnatio memoriae monarchica: gli spettatori mi perdoneranno alcune licenze e libertà poetiche?).

Soltanto a scrittura terminata mi sono reso conto che Eleonora ha in comune con i compositori proposti in concerto dalla Fondazione una fondamentale caratteristica: è una straniera che si sente ormai napoletana, una straniera che prende da Napoli e dà a Napoli in egual misura, una straniera che non si rende conto più d’esser tale, perché nel suo mondo delle idee illuministe così come negli spartiti non c’è spazio per steccati o frontiere di alcun genere. Una sorpresa? Solo in parte. Perché in quella Napoli, così capitale, così internazionale, niente di più facile che potesse accadere questo. E poi perché, come dice un aforisma a me caro, l’opera ne sa più dell’autore. Anzi. Mai come in questa occasione mi sembra opportuno scriverlo con una maiuscola in più: l’Opera (!) ne sa più dell’autore. (Antonio Piccolo)

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