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Sublime ingegno. L’arte di Josquin Desprez

De labyrintho

Live streaming – turchini.it/live
11.30 - 12.30
Gratuito

Live streaming sulla piattaforma della Fondazione Pietà de’ Turchini turchini.it/live  in occasione della Giornata Europea della Musica Antica


Programma

Miserere mei Deus

Missa L’homme armé Super voces Musicales

Kyrie

Agnus Dei

Inviolata, integra et casta

De labyrintho

Nadia Caristi, Laura Fabris, Arianna Miceli cantus

Massimo Altieri, Andrés Montilla-Acurero altus

Riccardo Pisani, Giacomo Schiavo tenor

Guglielmo Buonsanti, Gabriele Lombardi bassus

Walter Testolin direzione

 

con la partecipazione dei tenori dell’Ensemble InCanto di Partenope
Luigi D’Agostino
Giuseppe Lattanzi
Antonio Mastantuono
Leopoldo Punziano
Davide Troìa


Sublime ingegno. L’arte di Josquin Desprez

Una storia con un inatteso sfondo napoletano…

Personaggio centrale nella storia della musica, Josquin Desprez fu senza dubbio il più grande dei musicisti del Rinascimento e l’innovatore principale del linguaggio musicale dell’epoca.

Nella sua opera la relazione stretta tra musica e significati testuali dà origine a un sentire del tutto nuovo, vicino alle più profonde necessità dell’Uomo quanto all’incommensurabilità del mistero spirituale.

Nato nei primi anni Cinquanta del Quattrocento in un villaggio dell’Hainaut borgognone, Jossequin Lebloitte dit Desprez fu cresciuto dallo zio paterno a Condé-sur-l’Escaut in Francia, e divenne assai probabilmente puer altaris presso l’importante chiesa di St. Gery a Cambrai.

Dopo aver fatto parte del coro del duca Renato d’Angiò a Aix-en-Provence e forse di quello di re Luigi XI a Parigi, la sua presenza è testimoniata in Italia fin dal 1484. Al servizio della corte Sforza a Milano, fu nel sèguito del cardinale Ascanio, tra la città lombarda e Roma. Entrato nel 1489 nel coro papale con l’incarico di cantore e compositore, rimase nella città pontificia almeno fino al 1494, ma forse, sempre al seguito di Ascanio, fino al 1499.

Dopo essere tornato in Francia fu di nuovo in Italia nel 1503, quando rimase per un importantissimo anno al servizio di Ercole d’Este a Ferrara. 

Nominato prevosto della Collegiata di Nôtre Dame a Condé, fece ritorno nella città dell’infanzia, dove rimase fino alla morte avvenuta il 27 agosto del 1521.

L’altissima considerazione della sua opera (Josquin non dir che ‘l ciel sia crudo et empio/ che te adornò de sì sublime ingegno, scrisse il frottolista e rimatore Serafino Aquilano, suo compagno nella corte di Ascanio Sforza) era tale che Ottaviano Petrucci nel dare alle stampe la sua terza impresa editoriale nel 1502, scelse di dedicare un intero libro di Messe a un solo autore, lo intitolò Misse Josquin, sicuro che il solo suo nome, anche privato del cognome, avrebbe garantito le vendite.

Durante la permanenza a Roma, l’opera di Josquin fu particolarmente concentrata nella composizione di messe polifoniche. Sono databili a questo periodo tutte le cinque messe che Petrucci pubblicherà nel suo primo libro di messe, e tra esse spiccano per qualità davvero fuori dell’ordinario la Gaudeamus e la Homme armé Super Voces musicales.

Proprio quest’ultima, che viene qui presentata, la prima ad apparire nella stampa di Petrucci, è un capolavoro di costruzione e di espressività. Il nome Super voces musicales, deriva dal fatto che il celebre tema della chansons di chiamata alle armi che dà il titolo alla messa viene presentato nelle diverse parti della messa in sui diversi toni della scale (Ut nel Kyrie, Re nel Gloria, Mi nel Credo, Fa nel Sanctus, Sol nel primo Agnus Dei e La nel terzo Agnus), senza però, e qui sta il virtuosismo costruttivo dell’opera, che la composizione si discosti mai dal modo di Re.

Oltre a un Kyrie e a un Sanctus particolarmente potenti dal punto di vista emotivo, è nell’Agnus Dei che l’intera composizione si sublima: mentre il Cantus esegue il tema dell’Homme armé su una tessitura estremamente bassa, le tre voci di Altus, Tenor e Bassus cantano il testo in un canone stretto quasi minimalista, che funge da amplificatore dell’urgenza delle parole, in un’atmosfera di umana impellenza che non aveva mai avuto voce nella musica fino ad allora. È una vera e propria scoperta dell’Uomo, drammaticamente posto al centro del colloquio con il Divino.

Questo aspetto rivoluzionario venne ancora più esaltato un decennio più tardi, quando Josquin compose il Miserere mei Deus.

Il musicista giunse a Ferrara al termine di una lunga trattativa tra la corte estense e diversi emissari ferraresi in Francia. Nonostante uno di essi, Gian de Artiganova, raccomandasse l’assunzione di Heinrich Isaac (” è de meglior natura fra li compagni, e farà più spesso cose nove; vero è che Josquin compone meglio, ma fà quando li piace, non quando l’homo volle; e domanda CC ducati de provvisione, e Isaac starà per CXX, sì che la S.V. facia quello che li piace”), Ercole scelse di avere Josquin nella sua corte. 

Al contrario di quanto temuto da Artiganova, l’anno che il musicista trascorse a Ferrara fu tra i più prolifici  e importanti della sua carriera, visto che in quel breve periodo compose capolavori come le messe Hercules dux Ferrariae e Ave maris stella, mottetti come Virgo salutiferi, probabilmente Inviolata integra et casta e il monumentale Miserere mei Deus.

Stando a quanto scrive Teofilo Folengo, (“et illud compositum Miserere duce rogitante Ferare”) fu lo stesso duca Ercole a chiedere a Josquin di comporre il  commovente mottetto, e il risultato fu un’opera davvero fuori dall’ordinario per dimensioni e qualità. Costruito intorno a un cantus firmus ripetuto dal tenor in maniera quasi ossessiva, ogni singolo versetto del Salmo L ha un carattere espressivo peculiare: sono due, tre o quattro voci, intervallate da refrain a cinque, che raccontano una vicenda di peccato e di redenzione che assume aspetti quasi di pubblica confessione. Il senso di smarrimento e di vuoto che pervade l’intera opera, la lucida profondità psicologica, il toccante senso di umanità, l’essenziale e davvero straordinaria concentrazione del materiale musicale, rendono il Miserere una delle più intense preghiere in musica mai scritte.

Completamente diversa è l’aria che si respira nell’Inviolata, integra et casta. Scritto anch’esso secondo alcuni studiosi durante la permanenza ferrarese, il mottetto sprigiona in ogni suo passaggio luce, chiarezza di intenti, dolcezza armonica e un fiducioso abbandono che lo rendono tra i più belli e significativi mottetti mariani dell’intera storia musicale.

Ercole I d’Este e Napoli

Nato nel 1431, figlio legittimo di Niccolò III marchese di Ferrara, Ercole d’Este nel 1445 fu mandato a Napoli, presso la corte di Alfonso d’Aragona, presumibilmente per tenerlo lontano dall’incerta e pericolosa scena politica ferrarese durante il governo del fratellastro Leonello. 

Durante la sua lunga permanenza napoletana, che terminerà nel 1463, Ercole crescerà come persona e come uomo politico, e forte impronta la permanenza presso la corte aragonese avrà anche sulla sua spiritualità. 

È assai probabile, per fare un solo esempio peraltro piuttosto peculiare e sorprendente, che il rito della Settimana Santa secondo il quale il re Alfonso andava il Giovedì Santo a lavare i piedi ai poveri, sia stato il modello che Ercole d’Este ripropose personalmente trent’anni  dopo a Ferrara, con quel gesto di pietà pubblica, appunto la lavanda dei piedi ai poveri da parte del duca e della famiglia ducale, che caratterizzò gli ultimi decenni del suo regno.

La corte aragonese aveva in quegli anni aveva una ricca cappella musicale, con oltre venti cantori e due organisti, ed è sicuramente proprio a Napoli che Ercole sviluppò la sua profonda passione per la musica, passione che lo rese il più importante mecenate musicale italiano degli ultimi decenni del XV secolo.

La vita di Ercole a Napoli era strettamente legata alla famiglia regnante, e grande difficoltà egli dovette vivere quando, alla morte del re Alfonso nel 1458, il partito angioino scatenò la guerra per la successione, con l’obiettivo di portare il Regno di Napoli sotto il controllo francese.  Infatti la politica  tradizionalmente francofila di suo fratello Borso, nuovo marchese di Ferrara, dovette mettere in serio imbarazzo Ercole; quando poi Borso passò dichiaratamente alla parte francese, la sua posizione divenne insostenibile, costringendolo, nel 1463, a fare rientro a Ferrara.

Solo qualche anno dopo, ripreso il controllo del Regno di Napoli, il nuovo re Ferdinando (Ferrante d’Aragona), ripristinò l’alleanza con Ferrara che aveva origini dalla prima metà del secolo, quando Maria, figlia di Alfonso, era diventata marchesa di Ferrara sposando Leonello. Il riavvicinamento fu definitivamente sancito nel 1473, con le nozze tra Ercole, da due anni secondo duca di Ferrara e Eleonora d’Aragona figlia di Ferrante, re di Napoli.

I primi due figli maschi della coppia, Alfonso, nato nel 1476 e Ferrante nato l’anno dopo, presero il nome dal nonno e dal padre di Eleonora. 

È assai probabile che proprio alla permanenza napoletana di Ercole vada fatta risalire quella certa mentalità tardo medievale legata alla religiosità spagnola più intensamente e severamente spirituale, che a sua volta influenzò la committenza ducale su Josquin.

Ed è proprio la fusione tra quel particolare sentire religioso di Ercole e il genio profondo e visionario di Josquin a dar vita a quell’opera indimenticabile che è il Miserere.


De labyrintho

“De labyrintho riesce magnificamente a rendere la mole della struttura sonora con una trasparenza e un equilibrio che sono il frutto di una immedesimazione necessaria, i timbri perfettamente uniti disegnano con fluidità leggera e accurata armonie colorate e ricche di pathos. Una spiritualità sospesa e tesa. L’impegno interpretativo dell’ensemble si incarna in una eloquenza armoniosa che ricambia la perfetta coerenza delle partiture. Un altissimo piacere che deriva dalla minuta cesellatura dei particolari espressivi del testo e del suono.” 

Laura Bigi, Il Corriere musicale

Nato nel 2001 dall’unione di alcuni dei più validi interpreti italiani del repertorio vocale rinascimentale, sotto la direzione di Walter Testolin, De labyrintho si è affermato negli anni come uno dei più significativi interpreti della polifonia rinascimentale a cappella della scena musicale. 

Determinante nelle scelte interpretative di De labyrintho è il percepire la Musica come risultato quintessenziale  di suono, parola, pensiero e simbolo. 

Grande attenzione il gruppo dedica all’interpretazione particolare di ogni singolo compositore, adattando il proprio modo di cantare alle specificità dei diversi stili e caratteri. Significative e fortemente caratterizzate sono dunque le sue interpretazioni di ogni singola opera di musicisti quali Josquin Desprez, Palestrina, Gesualdo e Orlando di Lasso. 

A caratterizzare inoltre le esecuzioni di De labyrintho è anche una forte adesione agli aspetti spirituali che permeano le musiche cantate, nel tentativo di restituirne la profonda complessità, ben lungi essa dall’essere espressa da un approccio nel quale la filologia si limita agli aspetti esteriori della creazione musicale.

La particolare ricerca espressiva e il rapporto col testo cantato, hanno più volte fatto rilevare dalla critica  “l’intensità, l’ispirazione e la toccante partecipazione” che caratterizzano le esecuzioni dal vivo del gruppo.  Invitato dalla Roosevelt Academy dell’Università di Utrecht a tenere il concerto di chiusura del Festival Symposium Josquin & the Sublime a Middelsburg, De labyrintho è stato definito “la compagine oggi più esperta al mondo nel cavare dalle note di Josquin Desprez quella musica così sublime, struggente, intimamente umanista, che lo fece paragonare a Michelangelo e Raffaello”. 

Unanime consenso ha ricevuto l’attività discografica del gruppo (quattro dischi premiati come Disco del Mese dalla rivista Amadeus, premi “Disco del mese” su riviste inglesi, tedesche, portoghesi, spagnole e statunitensi, 5 Stelle Classics Voice, 5 Stelle Musica, 10 Cd Classic, tre volte premiati con i 5 Diapason dall’omonima rivista francese) e tra essi spiccano il Premio Amadeus 2008 per il miglior disco dell’anno per la registrazione delle Prophetiæ Sibyllarum di Orlando di Lasso, la segnalazione ai prestigiosi Klaraprijzen della radio di stato belga nel 2007 e il Gramophone Critic’s Choice nel 2004.  De labyrintho è stato inoltre incluso, unico gruppo vocale, nel disco che raccoglie il meglio di sessanta edizioni di Musica e Poesia a San Maurizio, il più prestigioso festival italiano di Musica Antica, a fianco di musicisti come Gustav Leonhardt, Frans Brüggen e Jordi Savall.

De labyrintho  è stato protagonista anche di trasmissioni tv (Come un’alma rapita di Sandro Cappelletto su Rai 5, dedicato alla figura di Carlo Gesualdo) e di lungometraggi musicali. 

In occasione del quinto centenario della morte di Josquin Desprez, De labyrintho organizza nel 2021 il progetto JosquinD500, nel quale la figura del grande musicista sarà celebrata con due diverse registrazioni discografiche, concerti, master class, convegni, conferenze e lezioni.

Walter Testolin è direttore, cantante e divulgatore del repertorio rinascimentale. Il suo lavoro  sviluppa una particolare ricerca, anche espressiva, sul rapporto profondo che lega musica e testo cantato. Ha inciso per le più importanti etichette discografiche (Archiv – Deutsche Grammophon, Arcana, Alpha, Stradivarius, Naxos, Deutsche Harmonia Mundi, Decca tra le altre) e suoi scritti sono stati pubblicati, tra gli altri, da Olschki, Brepols, Treccani. 

Fondatore e direttore di De labyrintho, tra i più significativi ensemble vocali dediti alla polifonia sacra del Rinascimento, dal 2011 dirige l’ensemble RossoPorpora con il quale ha intrapreso un profondo percorso di studio, esecuzione e valorizzazione del madrigale italiano.

Dal 2019 dirige il giovane gruppo studio Noema di Milano, è direttore musicale di Leonardo – Festa del Paradiso, il più recente spettacolo della compagnia di danza contemporanea No Gravity di Roma, fonda e dirige il Bach Collegium Roma ed è direttore artistico dell’Associazione Ghimel.

Con il sostegno della Fondazione Camillo Caetani di Roma e il concorso dei conservatori Santa Cecilia di Roma, Licinio Refice di Frosinone e Ottorino Respighi di Latina ha ideato, dirige e cura il Seminario triennale Italia mia – il madrigale italiano da Petrarca a Monteverdi che si svolgerà da ottobre 2020. 

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